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Corte d'Appello di Bologna > Lavoro giornalistico
Data: 28/08/2007
Giudice: Benassi
Tipo Provvedimento: Sentenza
Numero Provvedimento: 281/07
Parti: Carlo G. / Foxair S.p.A.
RICONOSCIMENTO RAPPORTO DI LAVORO GIURNALISTICO – QUALIFICA DI GIORNALISTA COLLABORATORE FISSO – INOTTEMPERANZA ALL’ORDINE DI REINTEGRA – DIRITTO A RISARCIMENTO IN VIA EQUITATIVA – TRATTAMENTO DEL COLLABORATORE FISSO: DETERMINAZIONE IN VIA EQUITATIVA IN R


Art. 2 del CNLG

Art. 36 Cost.

Art. 432 cod. proc. civ.

La Corte d’Appello di Bologna è chiamata a pronunciarsi a seguito di un lungo e complesso procedimento in materia di lavoro giornalistico che ha visto pronunciarsi il Pretore di Reggio Emilia con ordinanza resa ex art. 700 c.p.c. e successivamente il Tribunale della stessa città con ordinanza collegiale all’esito del reclamo, con sentenza parziale ed infine con sentenza definitiva, previa riunione dei procedimenti in appello promossi contro le due citate sentenze da entrambe le parti. Il lavoratore - dopo aver ottenuto in via cautelare un ordine di reintegrazione (non eseguito) presso la redazione di un quotidiano di proprietà della società ed il pagamento di una retribuzione mensile non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo del settore per la qualifica di giornalista collaboratore fisso - con il ricorso di merito aveva richiesto l’accertamento della subordinazione e conseguentemente dell’invalidità, illiceità e simulazione dei contratti di lavoro autonomo conclusi tra le parti e, da una certa data, l’accertamento di aver svolto attività giornalistica quale collaboratore fisso (art. 2 CNLG) prestando la propria opere con orario di lavoro comunque superiore alle 36 ore settimanali.

Il Tribunale con la sentenza parziale aveva accolto la domanda (che nel ricorso d’urgenza era stata formulata in via subordinata, essendo stato richiesto in via principale l’inquadramento come redattore ordinario ex art. 1 CNLG) sulla base delle sommarie informazioni raccolte in sede cautelare, dalle quali era emerso che: il lavoratore aveva redatto un rilevante numero di articoli; aveva partecipato alle riunioni di redazione del pomeriggio e della sera e, a volte, a quelle del mattino, ristrette al direttore e ai capo servizi; era stato destinatario di direttive e suggerimenti in ordine alle modalità di redazione degli articoli; era stato a lui affidato l’incarico – con una certa frequenza – di esaminare i comunicati stampa pervenuti al giornale; aveva partecipato ai turni di guardia, serali e festivi, e sostituito redattori in ferie o assenti per altre ragioni; da una certa data aveva seguito in via esclusiva la cronaca giudiziaria. Conseguentemente aveva qualificato il provvedimento espulsivo come licenziamento inefficace, perché privo di forma scritta, ed illegittimo perché privo di giusta causa.

Con la sentenza definitiva il Tribunale, dopo aver condannato la società al ristoro del danno derivante dal non aver ottemperato all’ordine di reintegra (come danno alla professionalità per non aver potuto proseguire e perfezionarsi nell’attività giornalistica) quantificandolo, in via equitativa, il euro 36.000 ha stabilito il diritto a percepire il trattamento retributivo massimo per il collaboratore fisso, consistente in un quid minus rispetto al trattamento del redattore di prima nomina, da identificarsi, in via equitativa, nell’importo della retribuzione base, della contingenza riconosciuta al livello immediatamente superiore e nel diritto alla tredicesima mensilità e all’accantonamento del TFR, con esclusione delle indennità previste per i redattori dalla contrattazione collettiva.

La Corte d’Appello di Bologna, dopo aver respinto le molteplici domande ed eccezioni proposte da ambo le parti, conferma sostanzialmente la sentenza del primo giudice.

In primo luogo considera infondata la censura, proposta dalla società, relativa alla decisione di non rinnovare l’istruttoria già svolta nella fase cautelare, ritenendo che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essa sottesi dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. da ultimo Cass. n. 9368/06).

Nel merito del problema i giudici bolognesi dichiarano di condividere l’insegnamento del supremo Collegio (v. in particolare Cass. n. 16038/04) secondo cui in materia di lavoro giornalistico deve farsi riferimento al concreto atteggiarsi del rapporto e alle specifiche modalità di svolgimento della prestazione avendo riguardo, in particolare, al vincolo di assoggettamento del giornalista all’altrui potere direttivo e disciplinare (Cass. n. 7931/00): pertanto – a meno che non debba essere esclusa, in base ad elementi di prova certi, l’esistenza di tale vincolo - l’elemento della subordinazione non può disconoscersi per il solo fatto che il giornalista goda di una certa liberà di movimento e non sia obbligato a rispettare un orario predeterminato o la continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo nemmeno incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni (Cass. n. 1024/96).

Dopo aver ribadito, come precisato da Cass. n. 4338/02 (ma, v. anche Cass. n. 16997/02; n. 12079/03; n. 9053/04; n. 12095/04; n. 14427/04) che elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato – e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo – è la subordinazione ed il carattere meramente sussidiario degli altri elementi (Cass. n. 379/99 delle Sezioni Unite e n. 6727, 5989, 3887, 2970, 1666, 224/2001; n. 11192, 15001, 6570/2000 della Sezione Lavoro) quali ad esempio collaborazione, osservanza di un determinato orario, continuità della prestazione lavorativa, inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e coordinamento con l’attività imprenditoriale, ha però evidenziato che detti elementi possono tuttavia essere valutati globalmente come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni che incidano sull’atteggiarsi del rapporto.

Con riferimento specifico al lavoro giornalistico il ricorso agli elementi indiziari prospettati risulta necessario tutte le volte che l’apprezzamento diretto della subordinazione non sia agevole a causa di specifiche peculiarità del lavoro giornalistico che incidono sull’atteggiarsi del rapporto in dipendenza, tra l’altro, della natura intellettuale delle mansioni, del carattere collettivo dell’opera redazionale, della peculiarità dell’orario di lavoro, dei vincoli imposti dalla legge per la pubblicazione del giornale. Coerentemente il rapporto di lavoro giornalistico può essere qualificato subordinato – pur non essendone agevole l’apprezzamento diretto della subordinazione – solo quando, dalla valutazione globale degli elementi indiziari prospettati, risulti che il giornalista si sia tenuto stabilmente a disposizione dell’editore, anche nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, per evaderne richieste variabili e non sempre predeterminate e predeterminabili, eseguendone direttive ed istruzioni, non già quando prestazioni predeterminate siano singolarmente convenute, in base ad una successione d’incarichi, ed eseguite in autonomia.

Quanto, poi, alla figura del collaboratore fisso delineata dall’art. 2 del CNLG viene richiamato l’insegnamento di Cass. n. 16543/04 (v. anche Cass. n. 4797/04) che, nella sua motivazione, così si esprime: “.. il vincolo della subordinazione assume una particolare configurazione nelle imprese giornalistiche, per il carattere squisitamente intellettuale dell’opera redazionale, per la peculiarità dell’orario di lavoro e per i vincoli posti dalla legge per la pubblicazione del giornale e la diffusione delle notizie. Pertanto, indipendentemente dalla durata complessiva del rapporto, elemento caratterizzante la subordinazione – che nella specie è stata esclusa dal Tribunale – è la permanente disponibilità del lavoratore ad eseguire le istruzioni del datore, nel senso della necessità